Il Ticino, “onda” che scorre “tra due rive straniere”, confine naturale e simbolico tra due mondi che si sfiorano e si fronteggiano – il Piemonte sabaudo e la Lombardia austriaca, la sfera dell’Italia libera e quella dell’Italia da liberare – domina fin dai primi versi la celebre ode manzoniana, scaturita tra il 15 e il 17 marzo dall’entusiasmo per i moti piemontesi.
Ancora una volta, andando a ritroso nel tempo, ritroviamo questa data – il 17 marzo – incastonata alle origini della vicenda risorgimentale, per divenirne rintocco 27 anni dopo (nelle Cinque Giornate) e infine esplosione festosa e celebrativa nel 1861 (giorno della proclamazione del Regno d’Italia), come una radice profonda e tenace, che infine darà i suoi frutti.
Sul Ticino si affaccia Pavia, la città universitaria dello Stato di Milano, bacino di ebollizione degli spiriti più giovani, in particolare nei suoi collegi. Nel Ticino si specchia il Borromeo, la cui mole imponente, da poco liberata dall’abbraccio della chiesa romanica di San Giovanni in Borgo (abbattuta dieci anni prima), si è tradotta in un perfetto solido geometrico, circondato dal verde dei giardini digradanti verso il fiume.
Che l’aria che si respira in questa primavera di 200 anni fa sia carica di fermenti e di scosse esaltanti e al tempo stesso minacciose lo si capisce da un brano manoscritto di uno dei diari compilati giornalmente dai rettori del Collegio nell’Ottocento: Il Giornale delle Fonzioni di Casa pei ss.i Alunni dell’Almo Collegio Borromeo, corrispondente agli anni dal 1811 al 1824.
Il mese di marzo è agli sgoccioli; le note si susseguono laconiche fino a venerdì 23 marzo – “Giorno di Scuola per l’Università. Il tutto al solito. Esami in tutte le scuole mattina e dopo pranzo” -, ma subito dopo la scrittura si fa fitta nel vergare una Annotazione speciale, che occupa l’intera metà inferiore della pagina.
Il quadro che ne emerge, relativo alla vita universitaria e, conseguentemente, a quella collegiale, si delinea con chiarezza:
Annotazione speciale
La viva inquietudine destatasi in Pavia e lungo tutto il confine degli stati sardi pei movimenti militari e pel cangiamento politico di quella provincia aveva indotto i direttori dell’Università a chiedere all’I.R. Governo di Milano istruzioni onde regolarsi per il proseguimento delle Scuole divenuto oltremodo difficile in tanta divergenza di partiti, e di opinioni, e per la manifestata effervescenza della Gioventù. Fu deciso sulle prime che dovessero bensì proseguire gli esami semestrali giusta l’avviso già esposto all’Università sino dal giorno 16 corrente ma che nel restante non avrebbero cassate le lezioni sin a tanto che vi fossero studenti in Pavia.
Mentre Manzoni dà ali alla sua ispirazione poetica e al suo sentimento (e nel cuore del Mediterraneo cominciano a soffiare i venti carichi di promesse dell’indipendenza greca), l’Università si sta attrezzando per gestire l’attività didattica in un clima di fibrillazione crescente. Ma la preoccupazione per l’affilarsi nell’ombra di quelle “spade che or levate scintillano al sol” e per il prevedibile contagio di quel ‘giuramento per la libertà’ tra gli studenti, spinge a stringere i tempi e a ordinare lo sgombero generale:
L’imbarazzo però inseparabile da un sì gran numero di giovani colle operazioni militari che si stanno per prendere e la vista di prudenza di non lasciare unita la scolaresca in tanta vicinanza di confini, ha poi fatto cangiare sentimento e venne partecipato agli studenti che oggi si sarebbero indistintamente incominciati in tutte le scuole gli Esami e quando questi si fossero compiuti relativamente ad ogni individuo tutti dovessero del pari lasciare Pavia e restituirsi alla propria famiglia! L’ordine non ammetteva né scuse né dilazione.
Ovviamente questo vale anche per i collegiali:
Una tale intimazione venne pur fatta anche ai Collegi, e dietro la superiore disposizione anche i nostri alunni terminati appena gli esami furono avvertiti di partire, il che avrà luogo di mano in mano che avranno subito gli esami suindicati.
Si accelerano i tempi degli esami, concentrati in pochi giorni; domenica 1 aprile, giorno “di feria all’Università” un “Nota Bene” illumina un Borromeo ormai vuoto:
Essendo partiti dal Collegio tutti gli alunni dopo di avere sostenuti i loro esami semestrali e ciò per il motivo retronominato cessò in esso per conseguenza ogni cosa rapporto ai medesimi. Quindi in quest’anno non avranno luogo gli esercizi spirituali, essendo indeterminato il tempo del loro ritorno.
La chiusa dell’ode manzoniana è ottimista e utopistica: il momento vittorioso del “riscatto”, da fissare nostalgicamente nel ricordo e nel racconto, è ancora lontano. Il tempo è ancora quello del sogno e si tradurrà in realtà solo quarant’anni più tardi, in un altro 17 marzo.