Spigolature d’Archivio – Marzo 1623: «intorno ad alloggiar in cotesto Collegio…»

Spigolature d’Archivio – Marzo 1623: «intorno ad alloggiar in cotesto Collegio…»

Federico Borromeo e l’ospitalità, tra “carezze” e frugalità

Il Collegio, oggi come ieri, è un luogo in cui gli ospiti attesi o i visitatori di passaggio giungono e si fermano volentieri. La bellezza dell’edificio, l’efficienza della macchina organizzativa, la qualità dei servizi – primo fra tutti quello della cucina, sempre prodiga di gustose pietanze, come attesta la lunga serie di registri dei menu giornalieri – e, naturalmente, il prestigio accademico (ma anche dinastico) dell’istituzione ne fanno da secoli una meta di visite ufficiali e private da parte di personaggi più o meno illustri e più o meno preannunciati.

F.B. XVIII bDalla lettura delle antiche carte d’archivio emerge come i patroni del Collegio comunicassero ai rettori – spesso tramite lettere patenti che la persona indicata doveva esibire – l’arrivo e la permanenza, per uno o più giorni, per uno o più pasti, di conoscenti e familiari, di personalità del mondo culturale, politico, ecclesiastico, ma anche di artisti, artigiani, emissari, amministratori. Per alcuni si raccomanda un trattamento di particolare riguardo, la messa a disposizione di una o più stanze, l’accesso a tutti gli ambienti più significativi del palazzo e soprattutto l’avvolgimento in un’atmosfera di amorevole reverenza. Il verbo «accarezzare», frequente nelle lettere seicentesche, esprime, con una nota di inedita (per noi) intensità emotiva, la volontà di rendere manifesta al visitatore la propria sollecitudine e attenzione offrendogli ogni agio.

F.B. ACB (Guido Reni)Così, per esempio, si esprime Federico Borromeo quando annuncia l’arrivo nella primavera del 1602 del pittore Guido Reni, per un sopralluogo al grande salone, ancora da affrescare: «Viene costì Messer Guido Reni pittore latore della presente al quale non mancarete di far vedere le sale, e principalmente la grande, alloggiandolo, e facendogli carezze con dargli di più tutte le commodità ch’egli mostrarà di volere. Che di tutto haveremo piacere.»

Tuttavia il patrono vigilava affinché la “permeabilità” del Collegio non fosse sregolata, a discapito dell’ordine e della disciplina interna, ma anche dell’oculata gestione finanziaria dell’istituto. Ospitare costa.

F.B. XLVIII aIn una lettera del luglio 1620 Federico raccomanda: «invitarete una mattina a pranzo in cotesto Collegio il signor Albertino, quando a lui sarà comodo, e di gusto, accarezzandolo a mio nome, con particolare amorevolezza. Non mancate di farlo.» Ma subito aggiunge (con un appunto in calce): «servando però la dovuta frugalità.»

L’indulgere ai piaceri della gola non era di certo incoraggiato dal Borromeo, ma che si tratti di una questione anche, e più pragmaticamente, economica lo ricaviamo da un’altra lettera, datata 11 marzo 1623, in cui il primo patrono ammonisce piuttosto severamente il rettore di allora, Antonio Isacco, in merito ai rischi di un’ospitalità indiscriminata e non autorizzata:

F.B. XVIII aMolto Reverendo mio carissimo,
per ovviar a gl’inconvenienti trovati fin qui intorno ad alloggiar in cotesto Collegio diverse persone, che ci vengono sotto pretesto de miei negotii, o sotto altri titoli, con spesa et aggravio del Collegio medesimo, vi commetto colla presente che per l’avvenire non alloggiate alcuno a mio conto, se non ve ne scriverà espressamente il mio Mastro di Casa in ciascuna occasione che ne possa venire. Non mancate però di eseguir questo ordine e di registrarlo al suo luogo anche per vostro scarico e giustificazione. Altrimenti non vi si compenserà spesa di veruna sorte fatta in questo genere, se non esibirete la lettera dell’istesso Mastro di Casa; et io havrò occasione di dolermi di voi d’ogni mancamento che ne potesse seguire.

sito tematico della Biblioteca



Spigolature d’Archivio – Marzo 1623: «intorno ad alloggiar in cotesto Collegio…»

Spigolature d’Archivio – Marzo 1623: «intorno ad alloggiar in cotesto Collegio…»

Federico Borromeo e l’ospitalità, tra “carezze” e frugalità

Il Collegio, oggi come ieri, è un luogo in cui gli ospiti attesi o i visitatori di passaggio giungono e si fermano volentieri. La bellezza dell’edificio, l’efficienza della macchina organizzativa, la qualità dei servizi – primo fra tutti quello della cucina, sempre prodiga di gustose pietanze, come attesta la lunga serie di registri dei menu giornalieri – e, naturalmente, il prestigio accademico (ma anche dinastico) dell’istituzione ne fanno da secoli una meta di visite ufficiali e private da parte di personaggi più o meno illustri e più o meno preannunciati.

F.B. XVIII bDalla lettura delle antiche carte d’archivio emerge come i patroni del Collegio comunicassero ai rettori – spesso tramite lettere patenti che la persona indicata doveva esibire – l’arrivo e la permanenza, per uno o più giorni, per uno o più pasti, di conoscenti e familiari, di personalità del mondo culturale, politico, ecclesiastico, ma anche di artisti, artigiani, emissari, amministratori. Per alcuni si raccomanda un trattamento di particolare riguardo, la messa a disposizione di una o più stanze, l’accesso a tutti gli ambienti più significativi del palazzo e soprattutto l’avvolgimento in un’atmosfera di amorevole reverenza. Il verbo «accarezzare», frequente nelle lettere seicentesche, esprime, con una nota di inedita (per noi) intensità emotiva, la volontà di rendere manifesta al visitatore la propria sollecitudine e attenzione offrendogli ogni agio.

F.B. ACB (Guido Reni)Così, per esempio, si esprime Federico Borromeo quando annuncia l’arrivo nella primavera del 1602 del pittore Guido Reni, per un sopralluogo al grande salone, ancora da affrescare: «Viene costì Messer Guido Reni pittore latore della presente al quale non mancarete di far vedere le sale, e principalmente la grande, alloggiandolo, e facendogli carezze con dargli di più tutte le commodità ch’egli mostrarà di volere. Che di tutto haveremo piacere.»

Tuttavia il patrono vigilava affinché la “permeabilità” del Collegio non fosse sregolata, a discapito dell’ordine e della disciplina interna, ma anche dell’oculata gestione finanziaria dell’istituto. Ospitare costa.

F.B. XLVIII aIn una lettera del luglio 1620 Federico raccomanda: «invitarete una mattina a pranzo in cotesto Collegio il signor Albertino, quando a lui sarà comodo, e di gusto, accarezzandolo a mio nome, con particolare amorevolezza. Non mancate di farlo.» Ma subito aggiunge (con un appunto in calce): «servando però la dovuta frugalità.»

L’indulgere ai piaceri della gola non era di certo incoraggiato dal Borromeo, ma che si tratti di una questione anche, e più pragmaticamente, economica lo ricaviamo da un’altra lettera, datata 11 marzo 1623, in cui il primo patrono ammonisce piuttosto severamente il rettore di allora, Antonio Isacco, in merito ai rischi di un’ospitalità indiscriminata e non autorizzata:

F.B. XVIII aMolto Reverendo mio carissimo,
per ovviar a gl’inconvenienti trovati fin qui intorno ad alloggiar in cotesto Collegio diverse persone, che ci vengono sotto pretesto de miei negotii, o sotto altri titoli, con spesa et aggravio del Collegio medesimo, vi commetto colla presente che per l’avvenire non alloggiate alcuno a mio conto, se non ve ne scriverà espressamente il mio Mastro di Casa in ciascuna occasione che ne possa venire. Non mancate però di eseguir questo ordine e di registrarlo al suo luogo anche per vostro scarico e giustificazione. Altrimenti non vi si compenserà spesa di veruna sorte fatta in questo genere, se non esibirete la lettera dell’istesso Mastro di Casa; et io havrò occasione di dolermi di voi d’ogni mancamento che ne potesse seguire.

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