Spigolature d’Archivio – 18 gennaio 1581: Federico Borromeo a messa in Collegio

Spigolature d’Archivio – 18 gennaio 1581: Federico Borromeo a messa in Collegio

Nel Collegio universitario voluto da san Carlo Borromeo e progettato dal Pellegrini, la cappella rappresentava il cuore del progetto educativo del fondatore, e non ha mai smesso di battere dalla celebrazione della prima messa, il 18 gennaio di 440 anni fa.

Su un foglio erratico conservato nell’archivio storico del Collegio Borromeo (ACB, Possessioni, b. 157, fasc. 8) è registrata con scrupolo la data della prima messa qui celebrata: “1581 adi 18 genaro” giorno della festa della Cattedra di san Pietro, secondo il Rito Ambrosiano.

La nota è importante non solo perché attesta che a quella data, con il palazzo ancora in costruzione, la cappellao sii chiesa” era già stata edificata ed era funzionante, ma perché ci consegna anche i nomi dei partecipanti alla funzione religiosa: il conte Federico Borromeo, l’“eccellentissimo lettore e dottore di Philosophia Flaminio Papazone bolognese”, Simone Gazzola precettore di Federico, il conte Ercole dal Verme; il celebrante è l’oblato Giulio Cesare Bonomi.

Nel Collegio, che solo a partire dall’aprile dello stesso anno si riempirà del primo gruppo di giovani studenti universitari, questa prima Messa seguita alle feste natalizie è dunque una cerimonia intima, riservata al diciassettenne cugino di Carlo Borromeo e alla sua “famiglia”, ossia a chi, fin dagli anni trascorsi a Bologna, ne seguiva – dietro la sollecita guida di Carlo – l’educazione (Gazzola), il percorso spirituale e gli studi di teologia (Bonomi) e la formazione culturale (Papazzoni). Accanto a Federico anche un coetaneo di buona famiglia e buona indole, il dal Verme, a fargli da compagno nei primi passi di familiarizzazione con Pavia e il collegio.

Spicca tra gli altri il nome di Flaminio Papazzoni, non semplice precettore ma docente universitario già presso lo studium bolognese, per il quale la famiglia Borromeo si spende perché possa trovare collocazione anche nell’ateneo pavese. Personalità interessante: aristotelico di spicco nel panorama accademico contemporaneo, in contatto anche con Galileo, e in grado di arricchire e integrare sul piano scientifico e umanistico i preponderanti interessi teologici del giovane Borromeo.

Dobbiamo allora immaginare il gruppo di devoti raccolto nell’ambiente ad aula unica voltata a botte della cappella, già allestita secondo le indicazioni delle Instructiones Fabricae et Supellectilis Ecclesiasticae promulgate da Carlo Borromeo nel 1573 e almeno in parte già decorata. Dai documenti d’archivio risultano infatti già dal 1579 messe in opera le “vedriate fate di vedri tondi da Venecia” (il grande finestrone termale esposto a est, che oggi presenta una luminosa vetrata di inizio ‘900) e collaudati gli affreschi della volta.

Realizzati dal pittore locale Giovanni Battista Muttoni, questi affreschi sono i più antichi del Collegio e rispecchiano il gusto tardomanierista per le quadrature prospettiche e per incorniciature multiple ed esuberanti, fitte di ornati geometrici, bordure di frutti e verdure, decorazioni a grottesca, ma mai svincolate da un preciso messaggio religioso. Chi si soffermava a contemplare le pitture poteva ricavarne riferimenti al sacrificio salvifico di Cristo e al Sacramento eucaristico, espressi dalle figure degli angeli monocromi reggenti le arma Christi, gli strumenti della Passione di Cristo, e dai quattro finti quadri riportati (abbinati alle illusorie aperture della volta su un cielo azzurro attraversato da sottili nuvole bianche) con episodi dell’Antico Testamento: dall’Incontro tra Abramo e Melchisedec a Isacco che benedice Giacobbe, dalla Pasqua ebraica alla Raccolta della manna.

Come modelli iconografici per le quattro scene, il pittore si avvalse molto probabilmente di incisioni allora circolanti di Bernard Salomon, che illustravano opere come le Figure del Vecchio Testamento con versi toscani del 1554 e La Sainte Bible del 1557. Che il programma iconografico fosse attentamente sorvegliato e selezionato lo provano altri esempi pittorici più o meno coevi: non è, infatti, un caso se gli stessi soggetti si ritrovano nella grandiosa macchina d’altare (realizzata tra 1567 e 1569, ma smantellata nel ‘700) commissionata da papa Pio V a Giorgio Vasari per la chiesa di Santa Croce a Bosco Marengo. Gli uomini della Controriforma avevano ben chiara l’importanza delle immagini artistiche per fare visualizzare efficacemente ai fedeli concetti teologici anche complessi: la continuità tra Antico e Nuovo Testamento, la saldatura tra Passione e Sacramento eucaristico, la centralità dell’altare.

Proprio il giovane Federico farà tesoro di queste sollecitazioni, non solo spirituali ma anche culturali, quando da cardinale e mecenate promuoverà il rinnovamento del linguaggio artistico e metterà in atto la sua concezione della pittura come importante strumento pedagogico nel ciclo monumentale che vorrà interamente dedicato a san Carlo nel Salone degli affreschi del Collegio Borromeo.

L’aspetto della cappella riflette oggi solo in parte quello dell’epoca di Federico. Della stagione cinquecentesca restano la pavimentazione in cotto lombardo, gli affreschi della volta, riportati a leggibilità dai restauri del 2010, e lacerti di decorazione muraria nelle quattro nicchie delle pareti laterali e nella parte alta della controfacciata. L’altare e la sua pala sono entrambi settecenteschi, la cantoria è ottocentesca, così come la maggior parte degli arredi; il rivestimento pittorico delle pareti, che colpisce per lo sfarzo cromatico e l’effetto a finta tappezzeria, appartiene alla fase di ridecorazione della chiesa nel 1909, promossa dal rettore Maiocchi per riportarla a splendore in vista del terzo centenario dalla canonizzazione di san Carlo Borromeo. In questo caso la scelta iconografica evidenzia il forte legame storico del Collegio con il suo fondatore, al quale insieme alla santa martire Giustina è dedicata la cappella: attraverso il linguaggio araldico degli stemmi e degli emblemi, attraverso l’iscrizione che corre come un nastro intorno alla navata e attraverso il riferimento ai santi patroni del Collegio (Carlo e Giustina, appunto) e della gioventù studiosa (Caterina d’Alessandria e Tommaso d’Aquino) effigiati nei grandi tondi delle pareti.

Come documentano le immagini fotografiche qui allegate, ormai da più di un secolo è questa la cappella che, passata indenne attraverso due guerre mondiali e relative trasformazioni del Collegio in ospedale militare, fa da cornice a celebrazioni liturgiche ufficiali e private, momenti di preghiera e passaggi di visitatori illustri. Ecco allora, per esempio: il cardinale Giovanni Battista Montini prima di iniziare la funzione solenne durante il raduno del 1961; il rettore Cesare Angelini mentre celebra il matrimonio di un borromaico; il vescovo di Pavia e il rettore Angelo Comini che partecipano alla funzione ecumenica con il patriarca di Leningrado e Novgorod Nicodin nell’ottobre del 1975; Giovanni Paolo II inginocchiato davanti all’altare con il rettore Comini in occasione della sua visita al Collegio e alla città nel novembre del 1984, a quattro secoli di distanza dalla morte di san Carlo Borromeo.

Per approfondire: R. MAIOCCHI – A. MOIRAGHI, Federico Borromeo studente e gli inizi del Collegio, Pavia, tip. Artigianelli, 1916; M. CAMEROTA, Flaminio Papazzoni: un aristotelico bolognese maestro di Federico Borromeo e corrispondente di Galileo, in Method and Order in Renaissance Philosophy of Nature, a cura di D.A. Di Liscia, E. Kessler, C. Methuen, Aldershot, Ashgate, 1997, pp. 271-300; Mistero e immagine. L’Eucaristia nell’arte dal XVI al XVIII secolo, catalogo della mostra, a cura di S. Baviera, J. Bentini, (Bologna 1997) Milano, Electa, 1997; S. NEGRUZZO, Per allegrezza spirituale: la ‘congregazione segreta’ del collegio Borromeo, in Margarita amicorum. Studi di cultura europea per Agostino Sottili, a cura di F. Forner, P.G. Schmidt, C.M. Monti, Milano, Vita e Pensiero, 2005, vol. 2, pp. 879-900; G.G. MELLERIO, scheda Celebrazione della prima messa, in I templi della sapienza. 450 anni di fondazione del Collegio Borromeo, catalogo della mostra Carlo e Federico nel palazzo per la Sapienza, a cura di E. Maggi, L. Giordano, Pavia, TCP, 2011, p. 77; P.C. PISSAVINO, Università e accademie, in Almum Studium Papiense. Storia dell’Università di Pavia, vol. 1: Dalle origini all’età spagnola, tomo II: L’età spagnola, a cura di D. Mantovani, Milano, Cisalpino, 2013, in pp. 1223-1258 (in part. pp. 1230-1231); L. ERBA, La cappella, in Un palazzo per la Sapienza. L’Almo Collegio Borromeo di Pavia nella storia e nell’arte, a cura di P. Pelosi, Pavia, TCP, 2014, pp. 19-20; P.C. PISSAVINO, Federico Borromeo: il Collegio, il Principe e la sua formazione, in Almo Collegio Borromeo. La resistenza della bellezza, a cura di A. Lolli, Milano, Skira, 2020, pp. 23-33; A. PISATI, La Cappella del Collegio Borromeo: decorazione e suppellettili liturgiche, ibidem, pp. 175-191.



Spigolature d’Archivio – 18 gennaio 1581: Federico Borromeo a messa in Collegio

Spigolature d’Archivio – 18 gennaio 1581: Federico Borromeo a messa in Collegio

Nel Collegio universitario voluto da san Carlo Borromeo e progettato dal Pellegrini, la cappella rappresentava il cuore del progetto educativo del fondatore, e non ha mai smesso di battere dalla celebrazione della prima messa, il 18 gennaio di 440 anni fa.

Su un foglio erratico conservato nell’archivio storico del Collegio Borromeo (ACB, Possessioni, b. 157, fasc. 8) è registrata con scrupolo la data della prima messa qui celebrata: “1581 adi 18 genaro” giorno della festa della Cattedra di san Pietro, secondo il Rito Ambrosiano.

La nota è importante non solo perché attesta che a quella data, con il palazzo ancora in costruzione, la cappellao sii chiesa” era già stata edificata ed era funzionante, ma perché ci consegna anche i nomi dei partecipanti alla funzione religiosa: il conte Federico Borromeo, l’“eccellentissimo lettore e dottore di Philosophia Flaminio Papazone bolognese”, Simone Gazzola precettore di Federico, il conte Ercole dal Verme; il celebrante è l’oblato Giulio Cesare Bonomi.

Nel Collegio, che solo a partire dall’aprile dello stesso anno si riempirà del primo gruppo di giovani studenti universitari, questa prima Messa seguita alle feste natalizie è dunque una cerimonia intima, riservata al diciassettenne cugino di Carlo Borromeo e alla sua “famiglia”, ossia a chi, fin dagli anni trascorsi a Bologna, ne seguiva – dietro la sollecita guida di Carlo – l’educazione (Gazzola), il percorso spirituale e gli studi di teologia (Bonomi) e la formazione culturale (Papazzoni). Accanto a Federico anche un coetaneo di buona famiglia e buona indole, il dal Verme, a fargli da compagno nei primi passi di familiarizzazione con Pavia e il collegio.

Spicca tra gli altri il nome di Flaminio Papazzoni, non semplice precettore ma docente universitario già presso lo studium bolognese, per il quale la famiglia Borromeo si spende perché possa trovare collocazione anche nell’ateneo pavese. Personalità interessante: aristotelico di spicco nel panorama accademico contemporaneo, in contatto anche con Galileo, e in grado di arricchire e integrare sul piano scientifico e umanistico i preponderanti interessi teologici del giovane Borromeo.

Dobbiamo allora immaginare il gruppo di devoti raccolto nell’ambiente ad aula unica voltata a botte della cappella, già allestita secondo le indicazioni delle Instructiones Fabricae et Supellectilis Ecclesiasticae promulgate da Carlo Borromeo nel 1573 e almeno in parte già decorata. Dai documenti d’archivio risultano infatti già dal 1579 messe in opera le “vedriate fate di vedri tondi da Venecia” (il grande finestrone termale esposto a est, che oggi presenta una luminosa vetrata di inizio ‘900) e collaudati gli affreschi della volta.

Realizzati dal pittore locale Giovanni Battista Muttoni, questi affreschi sono i più antichi del Collegio e rispecchiano il gusto tardomanierista per le quadrature prospettiche e per incorniciature multiple ed esuberanti, fitte di ornati geometrici, bordure di frutti e verdure, decorazioni a grottesca, ma mai svincolate da un preciso messaggio religioso. Chi si soffermava a contemplare le pitture poteva ricavarne riferimenti al sacrificio salvifico di Cristo e al Sacramento eucaristico, espressi dalle figure degli angeli monocromi reggenti le arma Christi, gli strumenti della Passione di Cristo, e dai quattro finti quadri riportati (abbinati alle illusorie aperture della volta su un cielo azzurro attraversato da sottili nuvole bianche) con episodi dell’Antico Testamento: dall’Incontro tra Abramo e Melchisedec a Isacco che benedice Giacobbe, dalla Pasqua ebraica alla Raccolta della manna.

Come modelli iconografici per le quattro scene, il pittore si avvalse molto probabilmente di incisioni allora circolanti di Bernard Salomon, che illustravano opere come le Figure del Vecchio Testamento con versi toscani del 1554 e La Sainte Bible del 1557. Che il programma iconografico fosse attentamente sorvegliato e selezionato lo provano altri esempi pittorici più o meno coevi: non è, infatti, un caso se gli stessi soggetti si ritrovano nella grandiosa macchina d’altare (realizzata tra 1567 e 1569, ma smantellata nel ‘700) commissionata da papa Pio V a Giorgio Vasari per la chiesa di Santa Croce a Bosco Marengo. Gli uomini della Controriforma avevano ben chiara l’importanza delle immagini artistiche per fare visualizzare efficacemente ai fedeli concetti teologici anche complessi: la continuità tra Antico e Nuovo Testamento, la saldatura tra Passione e Sacramento eucaristico, la centralità dell’altare.

Proprio il giovane Federico farà tesoro di queste sollecitazioni, non solo spirituali ma anche culturali, quando da cardinale e mecenate promuoverà il rinnovamento del linguaggio artistico e metterà in atto la sua concezione della pittura come importante strumento pedagogico nel ciclo monumentale che vorrà interamente dedicato a san Carlo nel Salone degli affreschi del Collegio Borromeo.

L’aspetto della cappella riflette oggi solo in parte quello dell’epoca di Federico. Della stagione cinquecentesca restano la pavimentazione in cotto lombardo, gli affreschi della volta, riportati a leggibilità dai restauri del 2010, e lacerti di decorazione muraria nelle quattro nicchie delle pareti laterali e nella parte alta della controfacciata. L’altare e la sua pala sono entrambi settecenteschi, la cantoria è ottocentesca, così come la maggior parte degli arredi; il rivestimento pittorico delle pareti, che colpisce per lo sfarzo cromatico e l’effetto a finta tappezzeria, appartiene alla fase di ridecorazione della chiesa nel 1909, promossa dal rettore Maiocchi per riportarla a splendore in vista del terzo centenario dalla canonizzazione di san Carlo Borromeo. In questo caso la scelta iconografica evidenzia il forte legame storico del Collegio con il suo fondatore, al quale insieme alla santa martire Giustina è dedicata la cappella: attraverso il linguaggio araldico degli stemmi e degli emblemi, attraverso l’iscrizione che corre come un nastro intorno alla navata e attraverso il riferimento ai santi patroni del Collegio (Carlo e Giustina, appunto) e della gioventù studiosa (Caterina d’Alessandria e Tommaso d’Aquino) effigiati nei grandi tondi delle pareti.

Come documentano le immagini fotografiche qui allegate, ormai da più di un secolo è questa la cappella che, passata indenne attraverso due guerre mondiali e relative trasformazioni del Collegio in ospedale militare, fa da cornice a celebrazioni liturgiche ufficiali e private, momenti di preghiera e passaggi di visitatori illustri. Ecco allora, per esempio: il cardinale Giovanni Battista Montini prima di iniziare la funzione solenne durante il raduno del 1961; il rettore Cesare Angelini mentre celebra il matrimonio di un borromaico; il vescovo di Pavia e il rettore Angelo Comini che partecipano alla funzione ecumenica con il patriarca di Leningrado e Novgorod Nicodin nell’ottobre del 1975; Giovanni Paolo II inginocchiato davanti all’altare con il rettore Comini in occasione della sua visita al Collegio e alla città nel novembre del 1984, a quattro secoli di distanza dalla morte di san Carlo Borromeo.

Per approfondire: R. MAIOCCHI – A. MOIRAGHI, Federico Borromeo studente e gli inizi del Collegio, Pavia, tip. Artigianelli, 1916; M. CAMEROTA, Flaminio Papazzoni: un aristotelico bolognese maestro di Federico Borromeo e corrispondente di Galileo, in Method and Order in Renaissance Philosophy of Nature, a cura di D.A. Di Liscia, E. Kessler, C. Methuen, Aldershot, Ashgate, 1997, pp. 271-300; Mistero e immagine. L’Eucaristia nell’arte dal XVI al XVIII secolo, catalogo della mostra, a cura di S. Baviera, J. Bentini, (Bologna 1997) Milano, Electa, 1997; S. NEGRUZZO, Per allegrezza spirituale: la ‘congregazione segreta’ del collegio Borromeo, in Margarita amicorum. Studi di cultura europea per Agostino Sottili, a cura di F. Forner, P.G. Schmidt, C.M. Monti, Milano, Vita e Pensiero, 2005, vol. 2, pp. 879-900; G.G. MELLERIO, scheda Celebrazione della prima messa, in I templi della sapienza. 450 anni di fondazione del Collegio Borromeo, catalogo della mostra Carlo e Federico nel palazzo per la Sapienza, a cura di E. Maggi, L. Giordano, Pavia, TCP, 2011, p. 77; P.C. PISSAVINO, Università e accademie, in Almum Studium Papiense. Storia dell’Università di Pavia, vol. 1: Dalle origini all’età spagnola, tomo II: L’età spagnola, a cura di D. Mantovani, Milano, Cisalpino, 2013, in pp. 1223-1258 (in part. pp. 1230-1231); L. ERBA, La cappella, in Un palazzo per la Sapienza. L’Almo Collegio Borromeo di Pavia nella storia e nell’arte, a cura di P. Pelosi, Pavia, TCP, 2014, pp. 19-20; P.C. PISSAVINO, Federico Borromeo: il Collegio, il Principe e la sua formazione, in Almo Collegio Borromeo. La resistenza della bellezza, a cura di A. Lolli, Milano, Skira, 2020, pp. 23-33; A. PISATI, La Cappella del Collegio Borromeo: decorazione e suppellettili liturgiche, ibidem, pp. 175-191.