Spigolature d’Archivio – Dicembre 1631: «avertisca di far benedire le stalle»

Spigolature d’Archivio – Dicembre 1631: «avertisca di far benedire le stalle»

Occupazioni agricole e timori di contagio

«Di nuovo bisogna comprare bovi per li massari, per poter lavorare le terre»: con questa frase lapidaria e per noi lievemente sibillina, al punto 21 di una delle sue lettere al Patrono Carlo III Borromeo datata 22 settembre 1631, il Rettore Greggio fa presente un problema relativo al tenimento di San Re cui è necessario provvedere con tempestività: la moria del bestiame.fotocopiatorecollegioborromeo-eu_20161027_104318_008
La cascina di San Re, sulle colline dell’Oltrepò Pavese, era insieme a quella di Comairano (i cui terreni si allargano invece nella pianura irrigua) il possedimento più vasto e importante tra quelli che il Collegio aveva ereditato dal soppresso monastero di San Maiolo nel 1564 e le cui rendite stettero per secoli alla base di un’economia fondata sui proventi della produzione agricola.¹ Questa contribuiva anche, d’altro canto, alla fornitura alimentare necessaria al sostentamento quotidiano della comunità di alunni e personale del Collegio: dalle vigne di San Re certamente proveniva, per esempio, il vino consumato abitualmente a tavola.
Il 1631, stando agli scambi epistolari intessuti di notazioni molto pratiche, come nello stile di Carlo III Borromeo – estremamente attento fin dall’inizio del suo mandato patronale (a fianco del figlio Giberto) a seguire personalmente l’amministrazione di ogni aspetto del Collegio e dei suoi possedimenti – , pare per certi versi un anno “gramo”, funestato dai paurosi strascichi della peste, dai sobbollimenti bellici – «Tornaremo ad havere guerra, et se presto le pretentioni non pigliano piega buona, vuol essere peggiore de tutte le passate. Ancor lei aggiuti a pregar Dio che concedi la quiete et pace alli nostri poveri contadini» scrive Carlo il 25 ottobre 1631 – e dalla minaccia della carestia legata alla moria del bestiame, che mette a dura prova l’attività di massari e fittabili.

La risposta del Patrono al Rettore arriva a stretto giro di posta (il 23 settembre 1631), occupando ben tre “punti” della lettera (21, 22, 23), ed è un esempio di esperienza di allevamento e qualità bovine e scaltrezza commerciale:

fotocopiatorecollegioborromeo-eu_20161027_104318_01321. Che si avisi la quantità et qualità de para de buoi che bisognarano perché habbiamo amico in Piemonte che li farà havere con ogni sorte di avantaggio et bene sarà ancora avisare d’un mese inanti che bisognarà far tal spesa per dar l’ordine opportuno di cercarli.
22. Se non vi fosse il dubbio della mortalità de bestiami quale tuttavia va continuando, si puotrebbe far comperare una mano de bestiami giovini nella Valsesia, et nel Vallese, dove vi è la comodità d’amico che farebbe havere tali animali a buonissimo prezzo, et farli consumar quest’invernata li detti fieni, et a primavera venderli, li quali del sicuro si caverebbe più del duplicato prezzo speso.
23. Queste opere la necessità vuole che si faccino subito per non restar privo delli frutti delli campi, et perciò si farà quello è di necessità godendo la buona congiuntura de tempi.

fotocopiatorecollegioborromeo-eu_20161027_104318_032Appena un mese dopo (21 ottobre 1631) l’allarme tocca anche la cascina di Comairano: «Al fittabile di Comairano, dove vi è sempre stata speranza d’havere un poco de danari, cominciano a morire li bestiami, non so come se la passerà», scrive preoccupato il Greggio. Carlo III risponde con sollecitudine, suggerendo di provare su uno dei buoi che «incominciassi a sentirsi male» un «buon rimedio […] notato nell’annesso foglio»: tuttavia l’allegato ‘medico’ non si è conservato.

Con il trascorrere dei mesi autunnali la situazione della moria di bestiame si mantiene critica, oscillando tra un miglioramento che ha del miracoloso a Comairano (per intercessione divina e di san Carlo in particolare) e un aggravarsi delle perdite a San Re, e ingenerando uno stato di ‘stagnazione’ delle attività agricole (e conseguenti rendite) che ha immediati riflessi sulla gestione di istituzioni fondate sulla conduzione del patrimonio fondiario, come il ‘gemello’ Collegio Ghislieri.
Una lettera dell’8 dicembre del Rettore dipinge un quadro per nulla tranquillizzante:

fotocopiatorecollegioborromeo-eu_20161027_104318_047Al fittabile di Comairano per favore divino et di S. Carlo non sono morti altri bestiami. Consignai a quel massaro nuovo di San Re sei bovi, cinque de quali si sono amalati tutti in un giorno, non so come la faremo, et se morissero bisognerà spendere de buoni danari in questi tempi, nei quali non posso essigere, se non con grandissima difficoltà, et mantenere gli scolari bisogna. Nel Collegio del Papa sin adesso sono se non sei, et quest’anno ne voglioni tenere solamente la metà del solito per li mali tempi, mortalità de bestiami, et soldati con sostentamento de massari, come ancora questo Collegio.

Il 15 dicembre il Greggio torna sull’argomento:

fotocopiatorecollegioborromeo-eu_20161027_104318_051-copiaÈ di necessità provedere di presente de para tre bovi per consignarli a quel massaro al quale vi sono morti, perché adesso si rompono le terre benissimo, et perché quei massari mangiano, et non fanno cosa alcuna, et vogliono esser provisti, mi sono stati essibiti quattro manzi per 120 ducatoni.

Le missive patronali di risposta contengono prescrizioni precise per l’acquisto dei bovini («haverò occasione di farcene trovar a buonissimo mercato») e soprattutto per la corretta tenuta igienica delle stalle, insistendo sulle necessarie precauzioni da adottare per evitare il “diabolico” diffondersi del contagio:

11 dicembre:

fotocopiatorecollegioborromeo-eu_20161027_104318_051Bisogna che lei avisi tutti li fittabili et massari del Collegio che non lascino entrare forastiero alcuno né a dormir sopra le lor cassine, né nelle stalle delli lor bestiammi perché il male che va attorno delle bestie è seminato con polveri diaboliche, et in alcuni luochi il medesimo male è stato introdotto ancora sulle pollarie. In somma non bisogna fidarsi di gente che non si conoschi.

22 dicembre:

fotocopiatorecollegioborromeo-eu_20161027_104318_053Se quelli quattro manzi che le sono stati esebiti per centovinti ducatoni sono grossi et esperimentati si possono a mio parere pigliare di presente. Ma lei avertisca di far benedire le stalle dove hanno da esser tenuti li detti manzi et ancora le medesime bestie, et far ben nettare et purgare le stalle dove sono morti li altri bestiammi acciò che questi che si comperaranno di nuovo non habbino da morire ancor loro come è riuscito in molti altri luochi.

Affiora dalle parole di Carlo III Borromeo un’esperienza da conoscitore, abituato a gestire possedimenti agricoli, a farli fruttare in modo da trarne il massimo guadagno e a calcolare l’opportunità dei tempi stagionali in termini commerciali, con oculata attenzione al risparmio:

fotocopiatorecollegioborromeo-eu_20161027_104318_054Et se le farà bisogno de altra quantità de manzi o bovi bellissimi et a buon prezzo mandarà uno contadino intelligente de tali bestiami con una persona di recapito fidata, qual porti seco tante doppie d’Italia a ragione di ventiquattro doppie per ogni paro de bovi o manzi et lo mandi subito passate le feste di Natale con l’annessa mia lettera a Vinzaglio [oggi in provincia di Novara], che la persona a che io scrivo essequirà l’ordine mio in luochi dove vi saranno delli più belli et frossi manzi et bovi del Piemonte et Monferrato li quali non si pagaranno più dalli minori alli maggiori che doppie diecinove insino a ventiquattro, et forsi in questa congiuntura d’inverno se ne havrà miglior conditione et però il esorto a lei a non differir più tal provisione che subito doppo le feste di Natale.

È di vitale importanza non perdere tempo, per prudenza e per convenienza.
In realtà non sarà così semplice sostituire con nuovo bestiame il vecchio morto per la contrarietà dei massari, che (stando alla risposta del Rettore sul medesimo foglio) richiedono garanzie probabilmente di tipo economico in relazione alla perdita subita prima di riprendere il lavoro. Ma questa è un’altra vicenda.

 

¹ Per approfondimenti cfr.: G.L. Basini – P.L. Spaggiari, Proprietà, redditi e spese del Collegio. Profilo storico, in I quattro secoli del Collegio Borromeo di Pavia. Studi di storia e d’arte pubblicati nel IV centenario della fondazione 1561-1961, Milano, Alfieri & Lacroix, 1961, pp. 163-184; F. Belloni, Fisionomia e scelte colturali di un’azienda agraria della pianura irrigua pavese: il fondo borromaico di Comairano (1564-1760), “Annali di Storia pavese”, 4-5, 1980, pp. 211-231; M.C. Devoti, Edifici rurali e opere irrigatorie in una azienda dell’Oltrepo’ nel Seicento e nel Settecento, in “Bollettino della Società Pavese di Storia Patria”, 36, 1982, pp. 90-105; A. Gatti Comini, Le possessioni, in I templi della sapienza. 450 anni di fondazione del Collegio Borromeo, a cura di E. Maggi e L. Giordano, Pavia, TCP, 2011, pp. 71-73.

sito tematico della Biblioteca



Spigolature d’Archivio – Dicembre 1631: «avertisca di far benedire le stalle»

Spigolature d’Archivio – Dicembre 1631: «avertisca di far benedire le stalle»

Occupazioni agricole e timori di contagio

«Di nuovo bisogna comprare bovi per li massari, per poter lavorare le terre»: con questa frase lapidaria e per noi lievemente sibillina, al punto 21 di una delle sue lettere al Patrono Carlo III Borromeo datata 22 settembre 1631, il Rettore Greggio fa presente un problema relativo al tenimento di San Re cui è necessario provvedere con tempestività: la moria del bestiame.fotocopiatorecollegioborromeo-eu_20161027_104318_008
La cascina di San Re, sulle colline dell’Oltrepò Pavese, era insieme a quella di Comairano (i cui terreni si allargano invece nella pianura irrigua) il possedimento più vasto e importante tra quelli che il Collegio aveva ereditato dal soppresso monastero di San Maiolo nel 1564 e le cui rendite stettero per secoli alla base di un’economia fondata sui proventi della produzione agricola.¹ Questa contribuiva anche, d’altro canto, alla fornitura alimentare necessaria al sostentamento quotidiano della comunità di alunni e personale del Collegio: dalle vigne di San Re certamente proveniva, per esempio, il vino consumato abitualmente a tavola.
Il 1631, stando agli scambi epistolari intessuti di notazioni molto pratiche, come nello stile di Carlo III Borromeo – estremamente attento fin dall’inizio del suo mandato patronale (a fianco del figlio Giberto) a seguire personalmente l’amministrazione di ogni aspetto del Collegio e dei suoi possedimenti – , pare per certi versi un anno “gramo”, funestato dai paurosi strascichi della peste, dai sobbollimenti bellici – «Tornaremo ad havere guerra, et se presto le pretentioni non pigliano piega buona, vuol essere peggiore de tutte le passate. Ancor lei aggiuti a pregar Dio che concedi la quiete et pace alli nostri poveri contadini» scrive Carlo il 25 ottobre 1631 – e dalla minaccia della carestia legata alla moria del bestiame, che mette a dura prova l’attività di massari e fittabili.

La risposta del Patrono al Rettore arriva a stretto giro di posta (il 23 settembre 1631), occupando ben tre “punti” della lettera (21, 22, 23), ed è un esempio di esperienza di allevamento e qualità bovine e scaltrezza commerciale:

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22. Se non vi fosse il dubbio della mortalità de bestiami quale tuttavia va continuando, si puotrebbe far comperare una mano de bestiami giovini nella Valsesia, et nel Vallese, dove vi è la comodità d’amico che farebbe havere tali animali a buonissimo prezzo, et farli consumar quest’invernata li detti fieni, et a primavera venderli, li quali del sicuro si caverebbe più del duplicato prezzo speso.
23. Queste opere la necessità vuole che si faccino subito per non restar privo delli frutti delli campi, et perciò si farà quello è di necessità godendo la buona congiuntura de tempi.

fotocopiatorecollegioborromeo-eu_20161027_104318_032Appena un mese dopo (21 ottobre 1631) l’allarme tocca anche la cascina di Comairano: «Al fittabile di Comairano, dove vi è sempre stata speranza d’havere un poco de danari, cominciano a morire li bestiami, non so come se la passerà», scrive preoccupato il Greggio. Carlo III risponde con sollecitudine, suggerendo di provare su uno dei buoi che «incominciassi a sentirsi male» un «buon rimedio […] notato nell’annesso foglio»: tuttavia l’allegato ‘medico’ non si è conservato.

Con il trascorrere dei mesi autunnali la situazione della moria di bestiame si mantiene critica, oscillando tra un miglioramento che ha del miracoloso a Comairano (per intercessione divina e di san Carlo in particolare) e un aggravarsi delle perdite a San Re, e ingenerando uno stato di ‘stagnazione’ delle attività agricole (e conseguenti rendite) che ha immediati riflessi sulla gestione di istituzioni fondate sulla conduzione del patrimonio fondiario, come il ‘gemello’ Collegio Ghislieri.
Una lettera dell’8 dicembre del Rettore dipinge un quadro per nulla tranquillizzante:

fotocopiatorecollegioborromeo-eu_20161027_104318_047Al fittabile di Comairano per favore divino et di S. Carlo non sono morti altri bestiami. Consignai a quel massaro nuovo di San Re sei bovi, cinque de quali si sono amalati tutti in un giorno, non so come la faremo, et se morissero bisognerà spendere de buoni danari in questi tempi, nei quali non posso essigere, se non con grandissima difficoltà, et mantenere gli scolari bisogna. Nel Collegio del Papa sin adesso sono se non sei, et quest’anno ne voglioni tenere solamente la metà del solito per li mali tempi, mortalità de bestiami, et soldati con sostentamento de massari, come ancora questo Collegio.

Il 15 dicembre il Greggio torna sull’argomento:

fotocopiatorecollegioborromeo-eu_20161027_104318_051-copiaÈ di necessità provedere di presente de para tre bovi per consignarli a quel massaro al quale vi sono morti, perché adesso si rompono le terre benissimo, et perché quei massari mangiano, et non fanno cosa alcuna, et vogliono esser provisti, mi sono stati essibiti quattro manzi per 120 ducatoni.

Le missive patronali di risposta contengono prescrizioni precise per l’acquisto dei bovini («haverò occasione di farcene trovar a buonissimo mercato») e soprattutto per la corretta tenuta igienica delle stalle, insistendo sulle necessarie precauzioni da adottare per evitare il “diabolico” diffondersi del contagio:

11 dicembre:

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22 dicembre:

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Affiora dalle parole di Carlo III Borromeo un’esperienza da conoscitore, abituato a gestire possedimenti agricoli, a farli fruttare in modo da trarne il massimo guadagno e a calcolare l’opportunità dei tempi stagionali in termini commerciali, con oculata attenzione al risparmio:

fotocopiatorecollegioborromeo-eu_20161027_104318_054Et se le farà bisogno de altra quantità de manzi o bovi bellissimi et a buon prezzo mandarà uno contadino intelligente de tali bestiami con una persona di recapito fidata, qual porti seco tante doppie d’Italia a ragione di ventiquattro doppie per ogni paro de bovi o manzi et lo mandi subito passate le feste di Natale con l’annessa mia lettera a Vinzaglio [oggi in provincia di Novara], che la persona a che io scrivo essequirà l’ordine mio in luochi dove vi saranno delli più belli et frossi manzi et bovi del Piemonte et Monferrato li quali non si pagaranno più dalli minori alli maggiori che doppie diecinove insino a ventiquattro, et forsi in questa congiuntura d’inverno se ne havrà miglior conditione et però il esorto a lei a non differir più tal provisione che subito doppo le feste di Natale.

È di vitale importanza non perdere tempo, per prudenza e per convenienza.
In realtà non sarà così semplice sostituire con nuovo bestiame il vecchio morto per la contrarietà dei massari, che (stando alla risposta del Rettore sul medesimo foglio) richiedono garanzie probabilmente di tipo economico in relazione alla perdita subita prima di riprendere il lavoro. Ma questa è un’altra vicenda.

 

¹ Per approfondimenti cfr.: G.L. Basini – P.L. Spaggiari, Proprietà, redditi e spese del Collegio. Profilo storico, in I quattro secoli del Collegio Borromeo di Pavia. Studi di storia e d’arte pubblicati nel IV centenario della fondazione 1561-1961, Milano, Alfieri & Lacroix, 1961, pp. 163-184; F. Belloni, Fisionomia e scelte colturali di un’azienda agraria della pianura irrigua pavese: il fondo borromaico di Comairano (1564-1760), “Annali di Storia pavese”, 4-5, 1980, pp. 211-231; M.C. Devoti, Edifici rurali e opere irrigatorie in una azienda dell’Oltrepo’ nel Seicento e nel Settecento, in “Bollettino della Società Pavese di Storia Patria”, 36, 1982, pp. 90-105; A. Gatti Comini, Le possessioni, in I templi della sapienza. 450 anni di fondazione del Collegio Borromeo, a cura di E. Maggi e L. Giordano, Pavia, TCP, 2011, pp. 71-73.

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