Spigolature d’Archivio – Settembre 1909: esami in Ambrosiana, sì o no?

Spigolature d’Archivio – Settembre 1909: esami in Ambrosiana, sì o no?

Dubbi e novità nel sistema di ingresso in Collegio

MX-M565N_20160831_155953_004Il 2 settembre del 1909, come da prassi consolidata, il ragioniere del Collegio si reca dal Prefetto della Veneranda Biblioteca Ambrosiana per chiedergli una disponibilità di data per i «soliti esami degli aspiranti a’ posti nel Collegio Borromeo». L’istituzione pavese e quella milanese si potevano considerare, pur nella reciproca autonomia, “gemelle” sia per fondazione borromaica (l’una da parte di Carlo, l’altra da parte di Federico), sia per spirito e obiettivi (l’alta formazione culturale ed etica in senso cristiano di una classe di futuri studiosi e professionisti). Un rapporto istituzionale che si manifesta anche nella scelta ab antiquo di far svolgere a Milano presso la sede dell’Ambrosiana gli esami di ingresso per la selezione dei nuovi alunni del Collegio. Molto spesso tra le carte dell’Archivio (già da quelle seicentesche), si trovano conservate le prove d’esame dei candidati: dissertazioni in latino o in italiano su argomenti filosofici, storici, giuridici, successivamente (nell’Ottocento) esercizi di matematica e scientifici. Fin dalla fondazione, infatti, l’accesso al Collegio era vincolato alla previa valutazione dell’eccellenza diremmo oggi della preparazione scolastica dell’aspirante alunno, verificata attraverso il giudizio di esperti delle discipline umanistiche: i Dottori dell’Ambrosiana, appunto.

Qualcosa, però, cambia nel 1909. Il Prefetto di allora Achille Ratti (il futuro pontefice Pio XI) scrive il 3 settembre al Patrono di allora, il conte Emilio Borromeo, con il quale era in rapporti di grande familiarità, esponendogli con schiettezza le proprie forti perplessità circa l’efficacia e la reale opportunità del sistema di valutazione del concorso in vigore fino a quel momento:

MX-M565N_20160831_155953_002MX-M565N_20160831_155953_001[…] mi rimane una difficoltà che vengo ad esporre a lei con tutta sincerità e confidenza. La difficoltà mia proviene dal valore progressivamente scadente dei soliti esami. Già da anni lo vedo, e cioè fin da quando (ed è molto tempo ormai) il compianto Mons. Ceriani nella sua umile coscienziosità mi dava a leggere gli esami e mi richiedeva del mio parere in merito. Temo molto che si rinnovi quello che è avvenuto l’anno scorso, che cioè io mi veda di nuovo obbligato in coscienza a bocciarne (come si dice) parecchi pur con tutta la miglior volontà di lasciar passare. E allora? Se i bocciatidovessero ciò nonostante essere graziati del posto, mi pare proprio che il prestigio dell’Ambrosiana e del suo prefetto ne andrebbe di mezzo; non parlo del prestigio del Collegio di Pavia, perché questo spetta a lei e nessuno se lo prende a cuore più di lei. Forse tutto andrebbe a posto ed a tutto sarebbe provveduto, se ella che ha già fatto tante provvide ed utili novità pel Collegio, facesse ancor questa di aggiungere al regolamento un articolo che escluda senz’altro i soccombenti negli esami. Fors’anche potrebbero gli esami abolirsi addirittura ed aggiungere invece un articolo che escluda dal concorso quelli che negli attestati scolastici da aggiungersi alla domanda non raggiungono una media piuttosto alta. Dico una media piuttosto alta considerando la lautezza vera del beneficio e che dovrebbe a parer mio riservarsi proprio ai migliori sotto ogni riguardo. D’altra parte rifletto che questo dell’esame non è che un punto del regolamento e che qualunque modificazione ella vi porti, non muterà niente nel resto. Faccia quel conto che crede di queste mie considerazioni, che a me sembrano molto gravi e che da molto tempo vengo ponderando.

Il discorso di Ratti è molto chiaro: si tratta di riconsiderare standard qualitativi e modalità selettiva dell’ingresso in Collegio, al fine di non “nuocere” né alla fama di rigore valutativo dell’Ambrosiana, né al prestigio del Collegio, cui un eccesso di severità finirebbe per nuocere. Il Patrono si rivolge subito per un parere “tecnico” al Rettore di allora, Rodolfo Maiocchi, che nella risposta lettera del 6 settembre appoggia la disamina dell’illustre collega e fornisce una soluzione al tempo stesso pragmatica e interlocutoria, dando peso agli attestati scolastici quali valida alternativa agli esami di ingresso, ma considerando opportuno che il Patrono decida anno per anno, anziché una volta per tutte, di attuare o meno le procedure del concorso:

MX-M565N_20160831_155953_003Credo anch’io che gli esami erano necessarii quando gli ordinamenti degli studi meno disciplinati che adesso, esigevano una prova di idoneità per l’ammissione in Collegio, prova che oggi è data equivalentemente dalla licenza liceale o tecnica. Però non credo che si debbano abolire tali esami con un atto positivo e specifico dell’autorità patronale. Vuol dire che anno per anno, e secondo le circostanze, il patrono nel fare le nomine deciderà se sarà il caso di sottomettere i candidati agli esami, o meno.

Si tratta di una decisione piuttosto delicata e così viene interpretata dal Patrono, che pur considerando valide le ragioni dell’Ambrosiana e opportuna una riforma del sistema di “reclutamento” degli alunni, d’altro canto rifugge all’idea di intervenire personalmente in modo definitivo su una tradizione di lunghissima data. L’Archivio registra questa riflessione e titubanza, conservando anche una prima redazione sulla quale sono vergate le parole «Questa non fu spedita», oltre alla minuta della risposta inviata il 7 settembre 1909 da Emilio Borromeo al Ratti:

MX-M565N_20160831_155953_007MX-M565N_20160831_155953_006Carissimo D. Achille,
alla gentilissima di lei lettera del 3 settembre non ho potuto rispondere prima d’ora, perché, a dirle francamente, se essa mi persuase dell’inutilità degli esami all’Ambrosiana, non mi credevo però autorizzato a sopprimere con un mio decreto un[a] consuetudine secolare. Dico consuetudine, perché credo che nessuna fondiaria né nessun regolamento imponga quegli esami, prova ne sia, che nelle nomine suppletorie non si fanno fare quegli esami e perciò parevami più prudente senza abolirli completamente a seconda dei casi di non farli prescriverli. I miei prossimi successori saranno così liberi di fare ciò che vorranno. Io se sono Patrono del Collegio, sono anche Consigliere perpetuo all’Ambrosiana, e mi preme tenere unite le due istituzioni consorelle, come potevo rinunciare a valermi del di lei consiglio? Che mi sono sempre tanto cari [sic]. Dunque io, quest’anno, io non invio le lettere per gli esami all’Ambrosiana – rimangono dunque nulle le combinazioni fatte col mio Segretario il Rag. Colombo ed ella avrà un poco più di pace, ben meritata. L’anno venturo faremo ciò che meglio converrà fare. Ma ad un patto però ch’ella conserverà però sempre la sua benevolenza al Collegio e massime al Patrono. Siamo intesi. Il Maiocchi pure mi risponde oggi alla mia interpellanza dicendomi “Credo anch’io che gli esami erano necessarii quando gli ordinamenti degli studii meno disciplinati che adesso, esigevano una prova di idoneità per l’ammissione in Collegio, prova che oggi è data equivalentemente dalla licenza liceale o tecnica. Però non credo che si debbano abolire gli esami con un atto positivo e specifico dell’autorità patronale. Vuol dire che anno per anno, a seconda delle circostanze il patrono nel fare le nomine deciderà se sarà il caso di sottomettere i candidati agli esami o meno.” Così rimaniamo intesi quest’anno per circostanze speciali d’essere ella maggiormente occupato gli esami non si faranno. Contento d’aver a lei diminuito una noia la saluto cordialmente e mi creda sempre l’affezionatissimo suo
EBorromeo

La questione sembra risolversi quasi nei termini di una cortese e amichevole concessione, sollevando l’Ambrosiana e il suo Prefetto da un carico di lavoro impegnativo e ormai poco gradito, ma imposta in ogni caso un cambiamento che verrà confermato dal successivo Patrono (il figlio di Emilio, Giberto, in carica già da quello stesso anno a causa della morte del padre) e che rimarrà in vigore per decenni, fino allo scadere degli anni Sessanta, quando verrà ripristinato il concorso di ingresso per esami per gli aspiranti borromaici (A.A. 1969-1970, Rettore Luigi Belloli, Presidente del C.d.A. Salvatore Donati), ma senza alcun rapporto ormai con la Biblioteca Ambrosiana.

sito tematico della Biblioteca



Spigolature d’Archivio – Settembre 1909: esami in Ambrosiana, sì o no?

Spigolature d’Archivio – Settembre 1909: esami in Ambrosiana, sì o no?

Dubbi e novità nel sistema di ingresso in Collegio

MX-M565N_20160831_155953_004Il 2 settembre del 1909, come da prassi consolidata, il ragioniere del Collegio si reca dal Prefetto della Veneranda Biblioteca Ambrosiana per chiedergli una disponibilità di data per i «soliti esami degli aspiranti a’ posti nel Collegio Borromeo». L’istituzione pavese e quella milanese si potevano considerare, pur nella reciproca autonomia, “gemelle” sia per fondazione borromaica (l’una da parte di Carlo, l’altra da parte di Federico), sia per spirito e obiettivi (l’alta formazione culturale ed etica in senso cristiano di una classe di futuri studiosi e professionisti). Un rapporto istituzionale che si manifesta anche nella scelta ab antiquo di far svolgere a Milano presso la sede dell’Ambrosiana gli esami di ingresso per la selezione dei nuovi alunni del Collegio. Molto spesso tra le carte dell’Archivio (già da quelle seicentesche), si trovano conservate le prove d’esame dei candidati: dissertazioni in latino o in italiano su argomenti filosofici, storici, giuridici, successivamente (nell’Ottocento) esercizi di matematica e scientifici. Fin dalla fondazione, infatti, l’accesso al Collegio era vincolato alla previa valutazione dell’eccellenza diremmo oggi della preparazione scolastica dell’aspirante alunno, verificata attraverso il giudizio di esperti delle discipline umanistiche: i Dottori dell’Ambrosiana, appunto.

Qualcosa, però, cambia nel 1909. Il Prefetto di allora Achille Ratti (il futuro pontefice Pio XI) scrive il 3 settembre al Patrono di allora, il conte Emilio Borromeo, con il quale era in rapporti di grande familiarità, esponendogli con schiettezza le proprie forti perplessità circa l’efficacia e la reale opportunità del sistema di valutazione del concorso in vigore fino a quel momento:

MX-M565N_20160831_155953_002MX-M565N_20160831_155953_001[…] mi rimane una difficoltà che vengo ad esporre a lei con tutta sincerità e confidenza. La difficoltà mia proviene dal valore progressivamente scadente dei soliti esami. Già da anni lo vedo, e cioè fin da quando (ed è molto tempo ormai) il compianto Mons. Ceriani nella sua umile coscienziosità mi dava a leggere gli esami e mi richiedeva del mio parere in merito. Temo molto che si rinnovi quello che è avvenuto l’anno scorso, che cioè io mi veda di nuovo obbligato in coscienza a bocciarne (come si dice) parecchi pur con tutta la miglior volontà di lasciar passare. E allora? Se i bocciatidovessero ciò nonostante essere graziati del posto, mi pare proprio che il prestigio dell’Ambrosiana e del suo prefetto ne andrebbe di mezzo; non parlo del prestigio del Collegio di Pavia, perché questo spetta a lei e nessuno se lo prende a cuore più di lei. Forse tutto andrebbe a posto ed a tutto sarebbe provveduto, se ella che ha già fatto tante provvide ed utili novità pel Collegio, facesse ancor questa di aggiungere al regolamento un articolo che escluda senz’altro i soccombenti negli esami. Fors’anche potrebbero gli esami abolirsi addirittura ed aggiungere invece un articolo che escluda dal concorso quelli che negli attestati scolastici da aggiungersi alla domanda non raggiungono una media piuttosto alta. Dico una media piuttosto alta considerando la lautezza vera del beneficio e che dovrebbe a parer mio riservarsi proprio ai migliori sotto ogni riguardo. D’altra parte rifletto che questo dell’esame non è che un punto del regolamento e che qualunque modificazione ella vi porti, non muterà niente nel resto. Faccia quel conto che crede di queste mie considerazioni, che a me sembrano molto gravi e che da molto tempo vengo ponderando.

Il discorso di Ratti è molto chiaro: si tratta di riconsiderare standard qualitativi e modalità selettiva dell’ingresso in Collegio, al fine di non “nuocere” né alla fama di rigore valutativo dell’Ambrosiana, né al prestigio del Collegio, cui un eccesso di severità finirebbe per nuocere. Il Patrono si rivolge subito per un parere “tecnico” al Rettore di allora, Rodolfo Maiocchi, che nella risposta lettera del 6 settembre appoggia la disamina dell’illustre collega e fornisce una soluzione al tempo stesso pragmatica e interlocutoria, dando peso agli attestati scolastici quali valida alternativa agli esami di ingresso, ma considerando opportuno che il Patrono decida anno per anno, anziché una volta per tutte, di attuare o meno le procedure del concorso:

MX-M565N_20160831_155953_003Credo anch’io che gli esami erano necessarii quando gli ordinamenti degli studi meno disciplinati che adesso, esigevano una prova di idoneità per l’ammissione in Collegio, prova che oggi è data equivalentemente dalla licenza liceale o tecnica. Però non credo che si debbano abolire tali esami con un atto positivo e specifico dell’autorità patronale. Vuol dire che anno per anno, e secondo le circostanze, il patrono nel fare le nomine deciderà se sarà il caso di sottomettere i candidati agli esami, o meno.

Si tratta di una decisione piuttosto delicata e così viene interpretata dal Patrono, che pur considerando valide le ragioni dell’Ambrosiana e opportuna una riforma del sistema di “reclutamento” degli alunni, d’altro canto rifugge all’idea di intervenire personalmente in modo definitivo su una tradizione di lunghissima data. L’Archivio registra questa riflessione e titubanza, conservando anche una prima redazione sulla quale sono vergate le parole «Questa non fu spedita», oltre alla minuta della risposta inviata il 7 settembre 1909 da Emilio Borromeo al Ratti:

MX-M565N_20160831_155953_007MX-M565N_20160831_155953_006Carissimo D. Achille,
alla gentilissima di lei lettera del 3 settembre non ho potuto rispondere prima d’ora, perché, a dirle francamente, se essa mi persuase dell’inutilità degli esami all’Ambrosiana, non mi credevo però autorizzato a sopprimere con un mio decreto un[a] consuetudine secolare. Dico consuetudine, perché credo che nessuna fondiaria né nessun regolamento imponga quegli esami, prova ne sia, che nelle nomine suppletorie non si fanno fare quegli esami e perciò parevami più prudente senza abolirli completamente a seconda dei casi di non farli prescriverli. I miei prossimi successori saranno così liberi di fare ciò che vorranno. Io se sono Patrono del Collegio, sono anche Consigliere perpetuo all’Ambrosiana, e mi preme tenere unite le due istituzioni consorelle, come potevo rinunciare a valermi del di lei consiglio? Che mi sono sempre tanto cari [sic]. Dunque io, quest’anno, io non invio le lettere per gli esami all’Ambrosiana – rimangono dunque nulle le combinazioni fatte col mio Segretario il Rag. Colombo ed ella avrà un poco più di pace, ben meritata. L’anno venturo faremo ciò che meglio converrà fare. Ma ad un patto però ch’ella conserverà però sempre la sua benevolenza al Collegio e massime al Patrono. Siamo intesi. Il Maiocchi pure mi risponde oggi alla mia interpellanza dicendomi “Credo anch’io che gli esami erano necessarii quando gli ordinamenti degli studii meno disciplinati che adesso, esigevano una prova di idoneità per l’ammissione in Collegio, prova che oggi è data equivalentemente dalla licenza liceale o tecnica. Però non credo che si debbano abolire gli esami con un atto positivo e specifico dell’autorità patronale. Vuol dire che anno per anno, a seconda delle circostanze il patrono nel fare le nomine deciderà se sarà il caso di sottomettere i candidati agli esami o meno.” Così rimaniamo intesi quest’anno per circostanze speciali d’essere ella maggiormente occupato gli esami non si faranno. Contento d’aver a lei diminuito una noia la saluto cordialmente e mi creda sempre l’affezionatissimo suo
EBorromeo

La questione sembra risolversi quasi nei termini di una cortese e amichevole concessione, sollevando l’Ambrosiana e il suo Prefetto da un carico di lavoro impegnativo e ormai poco gradito, ma imposta in ogni caso un cambiamento che verrà confermato dal successivo Patrono (il figlio di Emilio, Giberto, in carica già da quello stesso anno a causa della morte del padre) e che rimarrà in vigore per decenni, fino allo scadere degli anni Sessanta, quando verrà ripristinato il concorso di ingresso per esami per gli aspiranti borromaici (A.A. 1969-1970, Rettore Luigi Belloli, Presidente del C.d.A. Salvatore Donati), ma senza alcun rapporto ormai con la Biblioteca Ambrosiana.

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