Spigolature d’Archivio – Agosto 1916: una convivenza non proprio facile…

Spigolature d’Archivio – Agosto 1916: una convivenza non proprio facile…

Le preoccupazioni del rettore nell’Ospedale-«caserma» Borromeo

Che la trasformazione del Collegio in Ospedale Militare durante la Prima Guerra Mondiale, per ospitarvi numerosi soldati feriti e ammalati, non sia stata un’esperienza semplice dal punto di vista organizzativo, gestionale, amministrativo è probabilmente intuibile e trova puntuale riscontro nelle carte d’archivio. L’imponente e spaziosa struttura dovette in parte “rimodellarsi” per uno scopo nuovo e per esigenze diversificate: da quelle logistiche – stanze e corsie per i degenti, laboratori per le terapie, sale operatorie – a quelle igieniche – fondamentali per una popolazione di molto aumentata rispetto alle poche decine di alunni – a quelle alimentari – impianto di una seconda cucina, che potesse fornire tutti i giorni il vitto ai degenti, secondo tabelle nutrizionali prestabilite. Un impegno considerevole sotto il profilo dei costi, in massima parte sostenuti dall’autorità militare, ma riversatisi, con la fine dell’occupazione solo allo scadere del 1919, sull’amministrazione del Collegio, che dovette far fronte alla situazione disastrosa in cui era stato abbandonato il palazzo, da ristrutturare quasi totalmente prima di potervi nuovamente ospitare gli studenti.
18, bI problemi di “convivenza” spiccano con aspra vividezza e autentica preoccupazione in due lettere dell’agosto 1916 – a poco più di un anno dall’inizio del funzionamento del Reparto Borromeo – indirizzate al Colonnello Direttore degli Ospedali Militari di Pavia dal rettore Rodolfo Maiocchi, che mette in evidenza casi di malcostume, oltraggio, vandalismo.
Nella prima lettera, viene denunciata l’indelicatezza e la mancanza di rispetto di uno dei medici nei confronti delle suore, che, direttamente dipendenti dal Collegio, con volonterosa dedizione prestavano la loro opera presso gli infermi.

17Pavia, 20 agosto 1916

Quando per necessità di medicazione o di operazione si devono mettere completamente a nudo i pazienti, le nostre suore, pur prestando la loro opera, cercano, ed è ovvio, di evitare la assistenza diretta; ed i medici riguardosi, rispettando queste elementari convenienze, procurano di astenersi da denudamenti inutili, non soltanto dinanzi alle suore ma anche alle infermiere. Nel nostro ospedale si ebbero dei professori universitari che credevano bene di escludere da certe medicazioni l’intervento di donne. Non è quindi una cosa nuova il contegno delle nostre suore, né credo che per questo sia da disconoscersi il merito dell’opera loro e che molto meno, si possano fare ad esse dei rimproveri pubblici, ad alta voce e con apprezzamenti offensivi per il loro ordine religioso. Non so quali deliberazioni radicali sia per prendere la superiora delle nostre suore quando sarà informata della disgustosa e gratuita scenata che il dottor Angelo Cattaneo si credette lecito di fare alcune ore sono. Per mio conto, poiché il Collegio provvede a proprie spese per l’assistenza delle suore all’Ospedale, nella persuasione di fare cosa gradita, dichiaro che sono pronto a ritirarle quando la loro opera non fosse di gradimento ai signori medici, o quando esse non fossero, come è dovere, rispettate.

La seconda lettera presenta, invece, un resoconto piuttosto vivace delle condizioni di disordine e indisciplina generale in cui versa il Collegio-Ospedale, «ridotto a una mera caserma», priva, però, del necessario sistema di controllo interno. L’elenco dei disagi è dettagliato e comprende fatti e problemi di vario genere: da veri e propri atti di vandalismo, al comportamento sregolato e rissoso dei soldati-degenti, all’ingresso e circolazione di persone ‘sgradite’, agli oltraggi di carattere religioso… Non mancano perplessità sulle scelte di cure mediche fornite in Collegio (sotto la direzione sanitaria di Camillo Golgi), indirizzate ad ammalati (specialmente colpiti da infezioni ‘indecorose’) più che a feriti di guerra.

Pavia, 28 agosto 1916

18, a[…] Cedendo il Collegio,per ospitarvi i feriti, noi abbiamo avuto ampie assicurazioni che esso non sarebbe mai stato volto ad altri usi, e che non si sarebbe mai tollerato qui, da parte di chicchessia, un contegno in opposizione al carattere che, volere o no, il Collegio riveste.
Tuttavia queste assicurazioni non furono rispettate, e gli impegni dimenticati, come dimostrano i casi che qui espongo:
1. Ad onta delle prescrizioni, a qualunque ora e in qualsiasi giorno, si lasciano entrare, per visite agli ufficiali, persone che non avrebbero mai libero accesso in famiglie onorate, e che non possono ingannare se non chi vuole essere ingannato col pretesto di inesistenti parentele.
2. Contro le assicurazioni fatte […] si continua a mandare in collegio dei venerei che noi abbiamo formalmente esclusi dalla ospitalità. Vengono invece qui dalla Clinica Dermosifilitica, come se il Collegio ne fosse una succursale, per tornarvi giornalmente alla medicazione.
3. Invece che di feriti e malati, il collegio è diventato l’ospizio di soldati per la cura elettrica e meccanica; così che l’ospedale è ridotto a una mera caserma, colla piena assenza però di chi nella caserma sa far osservare le norme disciplinari.
4. Difatti, la disciplina qui non esiste, perché nessuno se ne occupa con sanzioni. Qui avvengono litigi, uscite arbitrarie di degenti per giornate e nottate intere, furti, ecc., e i rapporti, quando sono fatti, rimangono trascurati e inevasi.
5. Non vi è alcun rispetto per i doveri di ospitalità. Ho dovuto chiudere con imposte di ferro alcune finestre per evitare e troncare un pubblico turpiloquio e per impedire l’uccisione continuata di animali da cortile ed eventuali danni alle persone.
6. Ho concesso l’uso del giardino pei feriti. Ebbene, si stroncarono alberi, si spezzarono sedili di marmo, si ruppero condutture d’acqua, ecc. e nonostante i miei replicati ricorsi la devastazione continua pienamente libera ed impunita.
7. Ho già lamentato presso di lei il contegno ingiustificato di un medico verso le suore: l’esempio è contagioso, e devo ora lamentare che qualche soldato sia giunto ora al punto che, in gravissima offesa delle nostre convinzioni, abbia mandato in pezzi persino l’immagine del Crocifisso.
8. Finalmente, tanto è il riguardo alla dignità del collegio, che persino direttrici di case di tolleranza vi entrano a farréclame.

Un grido d’allarme e di indignazione e un appello alle autorità militari, nella speranza di mettere freno all’indecoroso scempio di un luogo di educazione, cultura e antica storia, animato da alto spirito patriottico in un momento di mobilitazione nazionale generale.

sito tematico della Biblioteca



Spigolature d’Archivio – Agosto 1916: una convivenza non proprio facile…

Spigolature d’Archivio – Agosto 1916: una convivenza non proprio facile…

Le preoccupazioni del rettore nell’Ospedale-«caserma» Borromeo

Che la trasformazione del Collegio in Ospedale Militare durante la Prima Guerra Mondiale, per ospitarvi numerosi soldati feriti e ammalati, non sia stata un’esperienza semplice dal punto di vista organizzativo, gestionale, amministrativo è probabilmente intuibile e trova puntuale riscontro nelle carte d’archivio. L’imponente e spaziosa struttura dovette in parte “rimodellarsi” per uno scopo nuovo e per esigenze diversificate: da quelle logistiche – stanze e corsie per i degenti, laboratori per le terapie, sale operatorie – a quelle igieniche – fondamentali per una popolazione di molto aumentata rispetto alle poche decine di alunni – a quelle alimentari – impianto di una seconda cucina, che potesse fornire tutti i giorni il vitto ai degenti, secondo tabelle nutrizionali prestabilite. Un impegno considerevole sotto il profilo dei costi, in massima parte sostenuti dall’autorità militare, ma riversatisi, con la fine dell’occupazione solo allo scadere del 1919, sull’amministrazione del Collegio, che dovette far fronte alla situazione disastrosa in cui era stato abbandonato il palazzo, da ristrutturare quasi totalmente prima di potervi nuovamente ospitare gli studenti.
18, bI problemi di “convivenza” spiccano con aspra vividezza e autentica preoccupazione in due lettere dell’agosto 1916 – a poco più di un anno dall’inizio del funzionamento del Reparto Borromeo – indirizzate al Colonnello Direttore degli Ospedali Militari di Pavia dal rettore Rodolfo Maiocchi, che mette in evidenza casi di malcostume, oltraggio, vandalismo.
Nella prima lettera, viene denunciata l’indelicatezza e la mancanza di rispetto di uno dei medici nei confronti delle suore, che, direttamente dipendenti dal Collegio, con volonterosa dedizione prestavano la loro opera presso gli infermi.

17Pavia, 20 agosto 1916

Quando per necessità di medicazione o di operazione si devono mettere completamente a nudo i pazienti, le nostre suore, pur prestando la loro opera, cercano, ed è ovvio, di evitare la assistenza diretta; ed i medici riguardosi, rispettando queste elementari convenienze, procurano di astenersi da denudamenti inutili, non soltanto dinanzi alle suore ma anche alle infermiere. Nel nostro ospedale si ebbero dei professori universitari che credevano bene di escludere da certe medicazioni l’intervento di donne. Non è quindi una cosa nuova il contegno delle nostre suore, né credo che per questo sia da disconoscersi il merito dell’opera loro e che molto meno, si possano fare ad esse dei rimproveri pubblici, ad alta voce e con apprezzamenti offensivi per il loro ordine religioso. Non so quali deliberazioni radicali sia per prendere la superiora delle nostre suore quando sarà informata della disgustosa e gratuita scenata che il dottor Angelo Cattaneo si credette lecito di fare alcune ore sono. Per mio conto, poiché il Collegio provvede a proprie spese per l’assistenza delle suore all’Ospedale, nella persuasione di fare cosa gradita, dichiaro che sono pronto a ritirarle quando la loro opera non fosse di gradimento ai signori medici, o quando esse non fossero, come è dovere, rispettate.

La seconda lettera presenta, invece, un resoconto piuttosto vivace delle condizioni di disordine e indisciplina generale in cui versa il Collegio-Ospedale, «ridotto a una mera caserma», priva, però, del necessario sistema di controllo interno. L’elenco dei disagi è dettagliato e comprende fatti e problemi di vario genere: da veri e propri atti di vandalismo, al comportamento sregolato e rissoso dei soldati-degenti, all’ingresso e circolazione di persone ‘sgradite’, agli oltraggi di carattere religioso… Non mancano perplessità sulle scelte di cure mediche fornite in Collegio (sotto la direzione sanitaria di Camillo Golgi), indirizzate ad ammalati (specialmente colpiti da infezioni ‘indecorose’) più che a feriti di guerra.

Pavia, 28 agosto 1916

18, a[…] Cedendo il Collegio,per ospitarvi i feriti, noi abbiamo avuto ampie assicurazioni che esso non sarebbe mai stato volto ad altri usi, e che non si sarebbe mai tollerato qui, da parte di chicchessia, un contegno in opposizione al carattere che, volere o no, il Collegio riveste.
Tuttavia queste assicurazioni non furono rispettate, e gli impegni dimenticati, come dimostrano i casi che qui espongo:
1. Ad onta delle prescrizioni, a qualunque ora e in qualsiasi giorno, si lasciano entrare, per visite agli ufficiali, persone che non avrebbero mai libero accesso in famiglie onorate, e che non possono ingannare se non chi vuole essere ingannato col pretesto di inesistenti parentele.
2. Contro le assicurazioni fatte […] si continua a mandare in collegio dei venerei che noi abbiamo formalmente esclusi dalla ospitalità. Vengono invece qui dalla Clinica Dermosifilitica, come se il Collegio ne fosse una succursale, per tornarvi giornalmente alla medicazione.
3. Invece che di feriti e malati, il collegio è diventato l’ospizio di soldati per la cura elettrica e meccanica; così che l’ospedale è ridotto a una mera caserma, colla piena assenza però di chi nella caserma sa far osservare le norme disciplinari.
4. Difatti, la disciplina qui non esiste, perché nessuno se ne occupa con sanzioni. Qui avvengono litigi, uscite arbitrarie di degenti per giornate e nottate intere, furti, ecc., e i rapporti, quando sono fatti, rimangono trascurati e inevasi.
5. Non vi è alcun rispetto per i doveri di ospitalità. Ho dovuto chiudere con imposte di ferro alcune finestre per evitare e troncare un pubblico turpiloquio e per impedire l’uccisione continuata di animali da cortile ed eventuali danni alle persone.
6. Ho concesso l’uso del giardino pei feriti. Ebbene, si stroncarono alberi, si spezzarono sedili di marmo, si ruppero condutture d’acqua, ecc. e nonostante i miei replicati ricorsi la devastazione continua pienamente libera ed impunita.
7. Ho già lamentato presso di lei il contegno ingiustificato di un medico verso le suore: l’esempio è contagioso, e devo ora lamentare che qualche soldato sia giunto ora al punto che, in gravissima offesa delle nostre convinzioni, abbia mandato in pezzi persino l’immagine del Crocifisso.
8. Finalmente, tanto è il riguardo alla dignità del collegio, che persino direttrici di case di tolleranza vi entrano a farréclame.

Un grido d’allarme e di indignazione e un appello alle autorità militari, nella speranza di mettere freno all’indecoroso scempio di un luogo di educazione, cultura e antica storia, animato da alto spirito patriottico in un momento di mobilitazione nazionale generale.

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